Davanti a un Presepe

di Massimo Pulcini
Ieri, durante un pranzo di lavoro con un caro amico, la televisione della piccola sala di una trattoria mostrava gli appelli di uno spot sul “diritto di morire” fatti da molti volti noti.
Tra questi volti ho notato persone stimabili che nella vita esercitano ruoli legati alle rispettive professioni in maniera rispettabile e coscienziosa, gente che ha sofferto attraverso esperienze dolorose e gente semplicemente famosa.
Poi, mentre guardavo, assente, il mio amico che mi parlava, mi sono chiesto ad alta voce: “Chissà se tra queste persone c’è qualcuno che crede in Dio?”
Per me, che cerco di farlo senza riuscirci sempre, è davvero difficile pensare che un essere umano possa chiedere la morte, seppur accostandola a parole importanti come dignità, diritti e dolore. Voglio conservare un profondo rispetto per tutti coloro che vivono situazioni di sofferenza e dolore personali o legate a persone care. Trovo però difficile pensare che un essere umano che concepisce la vita propria e dei suoi cari come un dono possa in un secondo momento restituirla o porvi un termine arbitrariamente.

Certo, questa è la visione del credente. Appunto.

Da qualche anno voglio particolarmente bene al Padre Nostro perché è la preghiera che ci ha insegnato direttamente Gesù, ma non mi sono mai sentito interrogato dal Padre Nostro fino a quando, complice l’esperienza di vita di Filippo, Anna e Stefano, ho sperimentato quel sia fatta la tua volontà che emerge anche nel loro “blog dei miracoli” tra tante concrete testimonianze di vita che lo impreziosiscono.

Testimonianze di vita terrena condita da una Santa semplicità.
Il Padre Nostro scalda il cuore grazie al  nostro Dio-papà che Gesù ci descrive nella parabola del “Padre misericordioso”.
Allo stesso momento ci impegna nell’atto d’amore più grande, quello di affidarsi totalmente e gratuitamente, cosa possibile solo se consapevoli di aver ricevuto un amore grande. Più grande della nostra capacità di comprendere.
Ma come comprenderlo? I segni non mancano. Le persone che portano quei segni nemmeno. Non fanno cose straordinarie. Ti colpiscono in maniera straordinaria.
Stavolta, almeno per me, la presa di coscienza è avvenuta attraverso l’esperienza di Stefano e Anna. Persone che ho conosciuto il giorno del funerale, persone di cui avevo e ho una conoscenza superficiale.
Non ho avuto il piacere di conoscere Filippo.
Eppure guardare mamma Anna, il giorno del saluto a Filippo in Chiesa, rassicurare amorevolmente tutti i presenti, ascoltare papà Stefano dire con serenità e fermezza che i sei anni di malattia di Filippo sono stati i sei anni più belli della sua vita, sono una testimonianza potentissima.
Testimonianza che mi ha fatto provare profonda tristezza e consolazione contemporaneamente. Gioia e dolore. Incomprensibilmente uniti e non in contraddizione tra loro.
Già, il 21 novembre, giorno della festa di Filippo che saliva al cielo, nel mio percorso di fede altalenante, sono rimasto stordito. Oggi mi dico: “Se non è un segno questo, allora smetti di cercare perché non sei alla ricerca come credi, ti stai solo costruendo una visione sterile, una versione personale di Dio”.

Tornando allo spot sul “diritto di morire”, chiedo scusa, ma trovo molto deboli alcuni testimonial, e, al contrario, di una forza travolgente Filippo, Anna e Stefano. Una forza che è tale perché attingono altrove. Una forza che inquieta positivamente il cuore e la ragione. Una forza che ti tira su quando barcolli. Una forza che emana luce visibile anche quando la quotidianità ti porta altrove. Una forza che rende ancor piu’ gioioso il Natale che viene. Un Natale più vero. Più pieno.

La sera, quando tutti dormono, mi piace restare da solo davanti al presepe.

Da fine novembre (mio figlio anticipa un po’ i tempi) sono in compagnia dei presepi dentro casa (uno in camera dei miei figli e uno in salone). Ieri sera guardando la natività, il lettino di paglia vuoto pronto ad accogliere il bambinello la notte del 24, ho fatto uno strano pensiero, mi sono detto che effettivamente per molti Gesù è nato morto.

Sarà stato il crocifisso capitato per coincidenza sulla stessa parete dove è stato realizzato il presepe, saranno state le riflessioni ancora fresche fatte sullo spot dell’ora di pranzo, fatto sta che ho associato i due aspetti che più vengono rappresentati e ricordati, laicamente e religiosamente, di questo personaggio della storia che si chiama Gesù.

Soffermandomi sui personaggi del presepe ho notato l’allegra indifferenza degli ospiti della locanda, la fatica e lo spirito d’abnegazione del fabbro, del falegname, del ciabattino, il disordinato via-vai del mercato tra chi vende e chi acquista, la triste speranza del mendicante, l’inconsapevole riposo del pastore dormiente, la Speranza dei pastori che vanno a trovare il bambino, la meraviglia che paralizza il viandante giunto fino alla natività.

Poi ho pensato: ci siamo un po’ tutti. Sicuramente i miei stati d’animo ci sono tutti, forse, per il mio tumultuoso rapporto con la fede e con il tempo che passa, mi ritrovo particolarmente nella sorridente malinconia dell’omino che si scalda al fuoco. E’ un personaggio che ho ereditato dal presepe di mia nonna. Non sono mai riuscito a capire se è sereno o meno.
Tornando al lettino di paglia vuoto ho ripensato a Filippo e mi è tornata alla mente una frase di Gesù adulto: Io sono la Luce del Mondo…
Caro Filippo, dal 21 novembre sei presente nelle preghiere della sera dette in famiglia per darsi la buonanotte, grazie a te e ai tuoi genitori ho capito che la semplicità di quella mangiatoia non è un evento che intenerisce ma, come annunciato dall’angelo posto sopra la natività e testimoniato dai tuoi genitori il 21 novembre 2014, è la Gloria che si manifesta.
Per sempre.
Prima di noi e dopo di noi.
L’eternità possibile grazie a un Dio che dopo aver creato il cielo e la terra si è rivelato, duemila anni fa, per meglio farci capire il suo amore.
Un amore che, senza quel bambino, morto e risorto, sarebbe incomprensibile.
Penso agli apostoli, a tutti i cristiani martiri che hanno amato quell’adulto una volta bambino: hanno creato l’incredibile messa in scena della risurrezione di un cadavere magari trafugato e sostituito con una persona somigliante, oppure hanno visto e creduto nel Gesù Risorto?
Pensando a quello che fecero successivamente per divulgare ovunque l’evento della resurrezione fino a farsi uccidere, non c’è da avere dubbi, hanno visto il Risorto.
E così, pensando ad Anna e Stefano c’è da chiedersi: non sono sopraffatti dal dolore perchè si sono autoconvinti di una bella storia dagli strabilianti poteri consolatori, oppure hanno visto e hanno creduto?
Chi ha partecipato alla Pasqua di Filippo del 21 novembre 2014 ha ben chiaro che Filippo è stato affidato dai suoi genitori a Cristo venuto per noi, morto e poi risorto.
Le testimonianze del “blog dei miracoli” ne sono la riprova.
E’ impossibile non restare scossi dal dialogo tra Filippo e la maestra Tiziana del reparto di pediatria del San Camillo:
“Maestra, sai, io non ho paura di morire.”
”Come mai mi dici questo?”
“Ci ho pensato, maestra, perché quando ero nella pancia della mia mamma mi giravo e rigiravo, le davo i calcetti e pensavo che tutta quella era la mia vita…  ma sono dovuto passare nel pianto per entrare nella vita… e la mamma mi ha raccontato che ho pianto molto quando sono nato. Ora, se succede che muoio, devo solo passare nel grande pianto per entrare nella vita vera!”
Buon Natale Anna, buon Natale Stefano, auguri Filippo.
Grazie di cuore per avermi regalato il Natale più bello.
Natale 2012
Natale 2012, mezzanotte: Filippo mette il Bambinello nella culla.

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